Partiamo dal primo, grande punto:
Che cosa significa fare “Naming”?
Lavorare al Naming significa dare un nome d’effetto ad un prodotto o business in modo professionale e costituisce una specifica branca del Marketing.
Un nome che funziona è un nome che fa vendere, ricordare, apprezzare il prodotto.
È un’operazione semplice? No, tutt’altro. È un processo lungo, complicato e delicato.
Ma non solo, si tratta anche di un lavoro che richiede competenze e che se non viene condotto nel modo giusto può risultare inutile o anche pericoloso.
La vera importanza del naming
Su cosa si basa un business di successo?
La risposta a questa domanda è sempre stata causa di grande discussione e ogni “professore” del Naming ha avuto (giustamente o meno) la sua da dire sull’argomento.
Dopo tanti anni di lavoro sul campo ho capito una cosa, ovvero che la risposta a questa domanda non può allontanarsi tanto dalla somma di questi Due Elementi:
- un buon nome
- una buona proposta commerciale
Il nome di un prodotto costituisce a suo modo il biglietto da visita di un’azienda e della sua proposta commerciale, questo lega inevitabilmente il Naming al successo del Brand perché ha la facoltà di metterlo o meno in una posizione concorrenziale e di vantaggio nella mente di chi deve decidere di acquistare il prodotto.
Negli anni ‘70 era tutto nettamente più semplice perché non c’era la moltitudine di player che hanno invaso oggi il mercato.
Negli scorsi decenni la situazione era nettamente più lineare perché non solo esistevano meno Brand, ma di quelli che c’erano non tutti davano grande importanza al marketing. Probabilmente perchè era davvero più semplice vendere bene. Oggi non sono solo i Big Brand a fare marketing, in quest’epoca moderna di grandi rivoluzioni tecnologiche e dell’immediatezza della comunicazione il 99% delle aziende comprende l’importanza della pubblicità e vuole sfruttare tutte le armi a sua disposizione per primeggiare nel proprio settore.
Cosa è successo nel Naming negli ultimi decenni
A partire dagli anni ‘60 fare Naming significava andare su una strada descrittiva che tendeva unicamente alla spiegazione chiara e lineare del prodotto. Le aziende stavano infatti lanciando spesso per la prima volta i loro prodotti che si affacciavano timidamente sul mercato e questo creava una dimensione vergine e ricettiva dove tutto era nuovo e risultava facilmente indimenticabile, unico.
Adesso voglio parlarti brevemente di una realtà italiana che riunisce storia, tradizione gastronomica locale ma che allo stesso tempo strizza l’occhio al futuro e al mondo del marketing contemporaneo. Sto parlando del Parmigiano Reggiano, un prodotto le cui origini risalgono al Medioevo, a quando all’interno dei monasteri i frati Benedettini e Cistercensi della pianura di Parma e Reggio Emilia massimizzarono la produzione di latte e crearono il Parmigiano Reggiano con lo scopo di produrre un formaggio a lunga durata.
Oggi tutto quello che riguarda la tutela e la promozione di questo prodotto storico viene affidato al Consorzio del Parmigiano Reggiano, una struttura che riunisce tutti i produttori e i caseifici con il potere di assegnare la denominazione di conformità e quindi anche di vigilare attentamente sull’uso corretto del marchio e sulle contraffazioni.
Perchè ti sto raccontando questa bella storia?
Il motivo è molto semplice, voglio farti riflettere su quello che a mio avviso è uno dei settori più italiani di sempre e in cui non c’è un marchio principe che è riuscito a primeggiare su tutti. Fare un Naming che funzioni in questo settore oggi, è molto difficile perchè i Consorzi sono molto attenti a livello di nuovo Branding e tendono a mantenere senza eccezioni lo status quo attuale. Voglio infatti chiederti, ti viene in mente un brand più forte di un altro?
No, ma sicuramente sai perfettamente che esiste Parmareggio, la famiglia dei topini che piace tanto ai bambini e che con i due stabilimenti produttivi di Modena e Montecavolo (Re) oggi è diventato un vero e proprio punto di riferimento per i consumatori di tutta Italia.
Ma nel 2022 sarebbe possibile?
É indiscutibile la lungimiranza, la bravura manageriale di questa realtà partita dal lontano 1983, con un progetto chiaro, con lo scopo di creare una marca, oltre che un valore nel mondo indifferenziato del Parmigiano Reggiano, investendo tantissimo nella comunicazione, è stata la prima (e forse unica) azienda produttrice di Parmigiano Reggiano ad aver creato un vero Brand in questo settore, è stata la prima ad avere investito in una campagna televisiva per comunicare i valori del Brand. Sicuramente gran parte del suo successo lo deve anche al Naming vincente, sinonimo della categoria e dello stesso consorzio, questo vi fa capire quanto valore ha un un Brand Naming vincente.
Oggi dobbiamo essere più bravi di allora per tre motivi:
- Un naming così vicino alla categoria non sarebbe più registrabile. Nel 1983 le cose erano molto diverse.
- C’è molto più affollamento di competitors in ogni singola categoria. Nel 1983 c’erano meno aziende.
- Oggi tutte le aziende investono nel marketing, il naming è fondamentale. Nel 1983, quasi nessuno investiva nel vero marketing.
In questi tre punti si comprende chiaramente l’importanza di rivolgersi a specialisti del marketing, finalizzati nello sviluppo del naming. Diversamente il successo del tuo progetto si allungherà notevolmente e in modo indefinito.
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Anche il Naming si evolve giorno per giorno
Se state leggendo questo articolo probabilmente avete compreso che fare Naming non è facile, dietro poche sillabe si nasconde un lavoro complesso, lungo e per cui non tutti possiedono le competenze. Lo studio dei competitor è una fase importantissima e serve a comprendere la composizione del mercato, la disponibilità terminologica e eventuali assonanze pericolose con altri marchi esistenti. Vale sempre la considerazione che oggi è tutto molto più complicato di ieri, basta entrare in un supermercato per capirlo.
Qual’è quindi il nome perfetto?
Stronco questa domanda sul nascere: il nome perfetto in assoluto non esiste. Può esistere il nome migliore, basta sapere come.
Se dovessi comunque rivelarti quali sono i segreti di un nome che funziona bene per il tuo prodotto, ti direi che sicuramente non è un nome di fantasia. Diciamo finalmente basta a queste immagini da film americano con stanzoni pieni di creativi al lavoro in mega-sessioni di brainstorming o ancor peggio ai furbetti di provincia, che vanno contro alle regole del posizionamento, tanto per farsi leggere, pur cavalcando l’onda del posizionamento.
Il naming creativo è pericoloso e spesso si rivela un’arma a doppio taglio che allontana il cliente perchè non capisce il prodotto o perchè gli dà un’idea sbagliata sul suo contenuto.
Negli ultimi cinquanta anni alcuni Brand hanno avuto inevitabilmente più successo di altri, sono stati più bravi, hanno cavalcato il mercato al momento giusto con nomi letteralmente indimenticabile.
Uno su tutti è Nutella, l’insuperabile crema spalmabile alla nocciola della Ferrero che nel 1964 decise di abbandonare il suo precedente nome “SuperCrema”, che rappresentava un Naming secondo i canoni di allora con la sua caratteristica autodescrizione ma che stava risultando ormai anche eccessivamente anonimo e freddo. Che mondo sarebbe senza Nutella. Il claim incarna senza se e senza ma l’esperienza di tutti i consumatori, la Nutella è la crema spalmabile per eccellenza, non ci sono competitor che reggono il confronto. Non sono pochi i marchi che hanno nel corso della storia tentato la scalata alla montagna delle creme spalmabili, ma come ben sappiamo nessuno è riuscito nell’impresa e Nutella è la regina incontrastata del suo scaffale e dell’immaginario collettivo. E anche in questo caso, gli incompetenti del nostro settore e il consumatore (giustamente), pensano che il naming Nutella sia un naming non descrittivo, non orientato al Brand Naming, con lo studio del posizionamento, questo è il motivo perché non devi creare dei naming “fai da te” o andare da persone incompetenti che ti fanno credere il contrario.
Come anticipato prima, Nutella è un ottimo esempio di come un nome non descrittivo possa essere l’arma vincente per diventare un brand leader. Sono circa 60 anni che aziende italiane ed estere, provano a contrastare lo strapotere di Nutella. Ormai è troppo tardi e non c’è nome che possa scalfire il dominio di Nutella. Ma quando negli anni 60 e 70, ce n’era ancora la possibilità, hanno commesso l’errore di credere nel mito del nome descrittivo, e nessuno è stato in grado di creare un nome all’altezza di Nutella, poiché si sono preoccupati troppo di descrivere il prodotto. Nascevano quindi Ciao Crem, Cremita, Spalma, Nutrì, ecc… Nessuno di questi nomi poteva competere anche solo lontanamente con Nutella. Non siamo certi del successo della crema di Ferrero se avesse continuato ad utilizzare SuperCrema, che sarebbe stato l’ennesimo crema qualcosa o qualcosa crema nella categoria.
Il naming Nutella è una parola composta:
“Nut” (nocciola in inglese) + il suffisso -ella (che sta per bella)
L’assonanza con l’aggettivo “bella” addolcisce e semplifica l’intera parola e la caratterizza con personalità e una dimensione non solo alimentare ma anche familiare, una parola che funziona sia nel mondo anglosassone e sia in italiano.
Sul naming Nutella, ti svelo il retroscena di una parola anglosassone con l’aggiunta di “ella” ha la comprensione all’estero rafforzando la sua italianità, provate a pensare come storpierebbe un inglese una parola come nutty che vuol dire nocciolato, portando questa parola verso l’italianità, è così che nasce la Nutella e diventa qualcosa che non può mancare in casa. Oggi Nutella è diventato un vero e proprio sinonimo per tutte le creme spalmabili, incastonandosi così nell’Olimpo dei Brand di uso comune.
Un altro esempio su cui ritengo valga la pena spendere due parole è Fuze Tea di Coca Cola, una linea di bevande a base di estratti di tè. Lanciato nel 2012, il marchio Fuze Tea è oggi un grande successo e i suoi tè sono tra i più conosciuti. I Fuze Tea non sono come gli altri tè freddi ready-to-drink. Sono tè che ricordano veramente nel gusto il tè infuso e si caratterizzano quindi per autenticità, non-chimicità (sulla carta), qualità del prodotto. I gusti vanno dal tè al limone con una nota di lemongrass al tè alla pesca con una nota di rosa e al tè verde al mango con nota di camomilla.
Il naming riporta immediatamente la mente all’azione dell’infusione della bustina nell’acqua e quindi all’elaborazione di un’idea di prodotto fatto veramente di tè e che si presenta originale, buono, vero. Inoltre i gusti non del tutto tradizionali da una parte strizzano l’occhio alla tradizione con la componente principale di “limone” o “pesca”, ma dall’altra arrivano a chi si lascia tentare dall’esotismo di scelte un po’ diverse con le “note alla rosa” o le “note al lemongrass”. Colpisce ma non spaventa, stuzzica la fantasia e la sete senza piazzarsi in una zona uncomfortable della mente del consumatore.
Inoltre la struttura della bottiglietta, nella parte inferiore, ricorda terribilmente il must di Coca Cola, vuoi che sia stato un caso?!
Se anche tu fai parte di quel gruppo di manager e imprenditori che pensa che sia arrivato il momento di rivedere il Naming del prodotto o che ha bisogno di un Nome Forte per piazzarsi bene e conquistare la propria fetta di mercato, puoi contattarci subito per una consulenza gratuita e senza impegno.
Entra nel mondo del marketing nel 1996, nel 1999 ha fondato Ardigia Marketing Funzionale, nel 2013 fonda Packaging in Italy, l’agenzia di Pack dal Design italiano.