Qualche giorno fa sono andato da un nuovo cliente e mi è successa una cosa degna di nota che vorrei condividere con voi nel post di oggi.
Buona parte del mio lavoro è costituito da un confronto diretto con i clienti e con il mercato di riferimento. No, non stiamo chiusi in agenzia realizzando packaging che piacciono a noi, ma dedichiamo molto tempo per raccogliere briefing precisi e utili a trasformare la visione del cliente in una soluzione concreta (un packaging funzionale alla vendita con lo stile italiano).
Cos’é per noi lo stile italiano? Quella magia, quella classe che solo noi italiani riusciamo a mettere nel design mentre creiamo e che ci viene in modo naturale.
Torniamo a noi, confrontarsi col mercato e con i clienti, significa approfondire concetti e aspetti che possono essere oggetto di interpretazioni differenti, per questo è bene chiarirsi in fase di briefing per non arrivare in presentazione sentendosi dire le magiche parole “noi veramente pensavamo a qualcosa di diverso…”.
Sull’importanza del briefing ho già scritto, ma oggi parlo di briefing tangibile, perché parlando con un cliente per il restyling di una linea, il nostro confronto si è concentrato subito su un argomento in particolare: un concetto sottile ma importante su cui avevamo una interpretazione non esattamente identica.
Parlando della battuta di cassa che doveva avere il prodotto in questione sul punto vendita, (premetto che stiamo parlando del leader indiscusso nel suo settore merceologico) abbiamo avuto un lungo dibattito sul significato e sulla differenza tra Premium Price e Quality Price.
In sostanza, pur essendo il prodotto il più caro e il più venduto in grande distribuzione (e non solo), il mio cliente considerava prodotto come Premium Price, la mia visione era differente: si trattava senza dubbio di un prodotto Quality Price e non Premium.
Queste sono cose importanti da definire in fase di briefing? Serviva investirci 2 ore del nostro tempo (il mio e quello del cliente)? Non basta tirare fuori un bel packaging dal design creativo e piazzarlo prima al mio cliente e poi in distribuzione per venderlo?
Evidentemente no. E la chiacchierata è stata molto utile perché chiarirci le idee sul reale significato di Premium e Quality Price ci ha permesso di procedere facendo scelte coerenti con la visione del cliente su prodotto, mercato e target.
Ho capito quindi che molti concetti non sono sempre così scontati e chiari, nemmeno quando si lavora con clienti di grande esperienza (come ti ho detto si trattava di un brand leader e di un marchio italiano storico), le sfumature e le differenze possono essere davvero sottili.
Come nel gioco “trova la differenza” sbagliarsi è facile e quando succede va a discapito del prodotto stesso, sbagliare il posizionamento e fare meno vendite.
Conosci la differenza tra Premium Price e Quality Price?
Come abbiamo visto la differenza non sta nel prezzo, la battuta di cassa infatti non basta per qualificare un prodotto. È certamente un dato utile, misurabile e oggettivo, ma non l’unico.
Bisogna capire COSA giustifica il prezzo per posizionare il prodotto nel modo corretto e prendere di conseguenza le scelte più adatte sul versante packaging.
È ragionevole ad esempio che un prodotto Premium Price utilizzi una soluzione di Luxury Pack (in realtà in alcuni casi è lo stesso Luxury Pack a traghettare un prodotto nella categoria Premium Price).
Un prodotto Quality Price ha invece altre carte da giocare e altri messaggi da trasmettere.
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Cosa intendiamo per Quality Price
Quando al prodotto viene applicato un prezzo più alto della media (solitamente il più alto anche se non necessariamente) perchè questo ha caratteristiche oggettive riconosciute dal consumatore e dal mercato, siamo di fronte a un prodotto Quality Price. Quello che paghiamo è quindi frutto di ingredienti selezionati, di prima scelta, di un lavoro extra, di un metodo particolare… Di qualcosa che il consumatore riconosce e comprende razionalmente.
Esistono molti esempi in questo senso e il settore del food ne è ricco.
Un esempio chiaro a tutti sono i prodotti della linea Alce Nero, in questo caso il prezzo trova la sua motivazione in scelte precise fatte dall’azienda nella direzione di un prodotto con caratteristiche bio e sostenibili. Quindi ingredienti, conservazione, origine e provenienza sono elementi che concorrono a giustificare il prezzo del prodotto proprio per la sua “qualità” riconosciuta e misurabile. Questo non è certo un prodotto Premium o Luxury, infatti trova nel suo packaging componenti e logiche completamente differenti.
Altri esempi nel settore food sono facilmente individuabili e associabili a caratteristiche oggettive es. un formaggio oppure un prosciutto con una stagionatura più lunga della media (24 / 36 mesi), o l’origine del prodotto (montagna).
È ovvio che un lavoro di comunicazione volto a sottolineare queste peculiarità è necessario per rendere subito evidente al consumatore cosa giustifichi il prezzo finale.
Non è quindi una qualità espressa a parole “il nostro è un prodotto di qualità”, ma circostanziata da caratteristiche precise e apprezzate dal consumatore. Nel food è spesso avvalorata da marchi e riconoscimenti sinonimo di qualità (DOP, DOC, DOCG…)
Cosa intendiamo per Premium Price
Il Premium (o prestige) pricing consiste nel fissare prezzi nella fascia più alta per la categoria merceologica trattata. I consumatori sono disposti a comprare prodotti con prezzi premium perché credono che esso indichi un livello di qualità superiore, oppure perché corrispondono a un prodotto che conferisce status. (fonte wikipedia)
In altri casi la battuta di cassa più alta non ha motivazioni razionali, e il prezzo al Kg. non è un parametro che incide nella valutazione d’acquisto, infatti è più la percezione di esclusività e la capacità di evocare sensazioni a incidere sulla scelta finale.
Se fai un regalo per un occasione speciale tra una confezione astuccio di 3 Baci Perugina e un cofanetto dedicato che ne contiene lo stesso numero sceglierai sicuramente il secondo a discapito del prezzo. Questo è un semplice ma chiaro esempio di Premium Price.
Proviamo pensare agli champagne, riunisce 634 comuni – si compone in due zone, la zona di vinificazione e quella di coltivazione della vite. Oltre 4.700 imbottigliatori, il Moët et Chandon o il Dom Pérignon sono veramente i migliori prodotti per qualità prezzo?
Oppure il Gruppo LVMH (Moët et Chandon – Dom Pérignon) con un fatturato di circa 24 miliardi di € all’anno ha il miglior marketing e un’ottima politica di Premium Price?
Lascio a voi la risposta…
Esistono prodotti e produttori che puntano tutto su questo, occupando volutamente una nicchia remunerativa con prodotti costosissimi e marginalità enormi. Spesso c’è un lavoro di branding che precede il packaging – il brand è riconosciuto come prestigioso – ma sul punto vendita è la scelta di packaging a conferire prestigio ed esclusività al prodotto, giocando sulle percezioni che ne giustificano il prezzo e che ne motivano l’acquisto finale da parte del consumatore.
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Entra nel mondo del marketing nel 1996, nel 1999 ha fondato Ardigia Marketing Funzionale, nel 2013 fonda Packaging in Italy, l’agenzia di Pack dal Design italiano.
Gaetano
molto interessante e preciso. Valuterei anche la percezione del singolo consumatore difronte al prodotto , aldilà della sicurezza che il marchio offre. Penso che nel futuro dovremo lavorare sempre di più nel Luxury , come valore aggiunto , e fashion. Ciao
Michele Bondani
Ciao Gaetano,
ho la certezza che il luxury, come il fashion riportati nei vari settori finalizzati al packaging,
siano da utilizzare solo quando c’è l’esigenza, non per forza.
Grazie del contributo.