La tecnica del Brand Flag la possiamo definire o considerare un “mezzo” segreto di Pulcinella. Sicuramente ti starai domandando perché la definisco un “mezzo” segreto?
Perché in questo momento non hai ancora un’idea chiara di cosa si tratta, quando finirai di leggere questo articolo lo comprenderai. Sai che è una tecnica, potresti intuire che è finalizzata al Brand Positioning, oppure al Packaging Positioning, o ancora più genericamente al marketing, perché se mi conosci sai bene che i miei argomenti sono questi, ma non hai ancora compreso nello specifico che tipo di tecnica sia e ho anche la ferma convinzione che alla fine della dirai: “Ma si dai, la conoscevo già, […] ”
Se esattamente in questo preciso istante, tu entrassi nella stringa Google e iniziassi a googolare, scrivendo queste due parole “Brand Flag”, il risultato sarebbe pressoché nullo, non avresti un buon riscontro da parte del web; cioè, non emergerebbe nulla di rilevante.
Il motivo è dovuto dal fatto, che queste due parole le ho unite io per la prima volta per scrivere il dodicesimo capitolo del mio ultimo libro Nel Nome del Brand – Come creare Naming Strategici per prodotti che vendono in eterno. Tornando alla ricerca di Google, considera che sono due parole anglofone, pertanto l’indicizzazione non viene fatta solo nella lingua italiana, come spesso accade, ma in tutto il mondo del web e sinceramente non mi stupirei che tra qualche mese qualche “Maestro del Marketing” iniziasse a divulgare queste due parole.
Questa premessa è per dire cosa, esattamente? Che oggi, questa tecnica, che più avanti andrai a leggere e comprendere nel dettaglio, viene usata dagli addetti ai lavori, ma non viene percepita dal consumer, perché ha il cosiddetto effetto ghost, ovvero, c’è ma non si vede, a volte anche lo stesso professionista la sfrutta ma non ne coglie la potenza e le sfumature.
Ci sono centinaia, ma che dico, migliaia di esempi al mondo con questo tipo, è una tecnica finalizzata ad una strategia di posizionamento di marca o di prodotto. Uno degli esempi più noti in Italia, è quello di un Brand molto conosciuto nella categoria delle birre, per altro anche molto storico. Un Brand che nasce nel Bel Paese nel 1912 e che oggi fa parte del gruppo Heineken (se stai pensando alla birra col “Baffo”, mi dispiace ma sei fuori strada).
Sto parlando della Birra Ichnusa, quella con l’Anima Sarda. Questo iconico Brand, lanciato dal talentuoso imprenditore cagliaritano Amsicora Capra, per altro c’è dietro una storia fantastica e ancora da mettere in leva verso lo storytelling da parte della stessa azienda, che in pochissimi anni si è affermata sul mercato grazie al Brand Flag che si trova nel logo.
Ma cosa c’entra il Brand Flag con l’Anima Sarda?
C’entra eccome. Lo sapevi che Ichnusa deriva dal greco e significa orma di piede?
E sapevi che la Sardegna, vista dall’alto di una cartina geografica, assomiglia e viene chiamata sin dall’antichità orma di piede? E sapevi anche che Ichnusa era il nome con cui anticamente si chiamava la Sardegna?
Si racconta che i navigatori fenici, seguiti dai greci, furono i primi a darle questo nome per via della somiglianza con un’impronta di piede. Ecco qui dove nasce il nome della famosa birra ormai un simbolo della Sardegna. Anche questa storia andrebbe raccontata, perché la conoscono veramente in pochi.
Ma se pensiamo al successo dell’Ichnusa in Italia, o meglio nel continente, perché nell’isola già aveva il monopolio da anni; questo successo è arrivato solo dopo che il marketing di Heineken ha fatto il suo sporco lavoro, ovvero negli ultimi quindici anni più o meno.
All’inizio, la potenza derivante dal Brand Flag, non era stata compresa dall’azienda e quindi non sfruttata
Ma ripercorriamo la sua storia, partendo dagli anni 80 e 90, quando Ichnusa era una birra percepita non di qualità, perché la Sardegna non aveva credibilità come birrificio, non esistevano i maestri birrai sardi nel mondo. Nell’immaginario collettivo, i migliori produttori di birra provenivano da paesi del nord Europa, non dal sud e men che meno in un’isola del Mediterraneo.
La verità che l’Ichnusa è sempre stata un’ottima birra e la è tutt’ora, ma il successo è arrivato quando il marketing ha compreso che un minus dovevano renderlo un plus, e urlare al mondo intero che quella era la birra della Sardegna. Unica e differente da tutte le altre al mondo, proprio perché nasce in Sardegna, con acqua e profumi speciali. È così che è cambiato tutto, packaging, comunicazione e il successo ha tardato pochissimo ad arrivare.
Ecco cos’è il Brand Flag, possiamo definirlo il posizionamento verso la zona geografica.
Il successo o l’arrancare o addirittura il fallimento di un prodotto o di un’azienda dipende da questo, dal marketing fatto bene o fatto male. Se pensi che omettere i quattro mori bendati sia un bene per il tuo brand, per i motivi sopraccitati, oppure viceversa sbandierarli ai quattro venti e usufruire al 100% della tua immagine e comunicazione facendone un vanto per la sua unicità, indipendentemente dal settore o categoria, rompendo le regole e i pregiudizi, allora hai vinto.
Solo gli esperti sanno come mettere in leva questo tipo di tattica unita alla strategia del posizionamento e non puoi nemmeno immaginare, quanto sia efficace se scaricata a terra con tutta la sua potenza.
L’ho fatto tante volte, l’ho fatto esattamente in Sardegna in una categoria completamente differente: la pasta. Con il Pastaio di Nuoro, puoi trovare qui il video del caso studio.
Nella mia città, Parma, ci sono tantissimi esempi di Brand Flag, Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano, Parmareggio, Parmacotto, non per ultimo il profumo Acqua di Parma, che nasce come “Colonia”, quel tipo di profumo creato nel XVII secolo dal piemontese Giovanni Maria Farina trasferitosi in Germania. Ebbene, Acqua di Parma è sì classificabile come acqua di Colonia, come dice l’etichetta, ma saggiamente la storica azienda emiliana che ha realizzato e tuttora produce questo profumo made in Italy, lo ha posizionato e chiamato con il nome della città, Parma appunto.
Un naming che trovo fantastico, con un riferimento territoriale e frutto di creatività, ma con una logica di posizionamento è quello di “Molecola” – che si potrebbe leggere anche staccato (Mole – Cola). In molti fanno questa associazione e l’azienda ha sicuramente giocato anche su questo. Realmente nulla a che vedere con la chimica, riguarda una categoria in ambito beverage nata in America, la Coca Cola, agli antipodi della cultura gastronomica nostrana.
Mi piace citarlo perché anche su un tipo di prodotto così diverso rispetto alla tradizione tricolore questo naming riesce in modo efficace a trasferire la sensazione di italianità e quindi di appartenenza, in contrapposizione ai Brand mondiali made in USA.
La Trinca Srl di Rivoli, in provincia di Torino, per questo brand sfrutta proprio il simbolo per eccellenza del proprio territorio, la famosa Mole Antonelliana, richiamata nel packaging anche dalla silhouette della guglia della celebre torre che funge da immagine calamita o visual hammer.
L’italianità è ribadita nel pay off “Autentica cola italiana” che per altro è anche il suo stesso posizionamento. Con i tre colori nazionali verde, bianco e rosso sulle confezioni, anche la bottiglietta in vetro ha una sua chiara identificazione, uno structural design unico con una texture a lisca di pesce che aumenta l’originalità e la mnemonicità di questo packaging.
Come ho scritto all’inizio di questo articolo, c’è pieno il mondo di Brand Flag. Posso citarti alcuni esempi come British Airways, American Airlines o altri come Bottega Veneta, Opificio Emiliano, Credito Emiliano, Alitalia, Eataly, Gardaland, oppure si può fare riferimento alla sola zona geografica, come nel caso del brand di abbigliamento The North Face o ricordarti nel food ItalSandwich, Pecoritaly, Bel Paese, Gorgonzola dal nome della località lombarda, Casa Modena, La Molisana ancora per la pasta.
Gli innumerevoli vini venduti più che per il loro stesso naming sull’etichetta per la loro località di produzione e/o di origine del vitigno, basti pensare al Barolo o al Chianti, solo dopo arriva Giacomo Conterno o Sassicaia.
C’è un errore nascosto, dietro al Brand Flag
Se non sei skillato e non ti appoggi ad un vero esperto di Brand Positioning per finalizzare la tecnica del Brand Flag, l’errore è dietro l’angolo.
Questo errore è sempre più frequente ed ultimamente l’ho visto fare a tante realtà, capita spesso che sviluppando questa tecnica, non si comprenda fino in fondo quello che si può fare realmente all’interno della stessa categoria; ovvero, vedendo che ha funzionato per un competitor o il leader, allora lo si replica verso il proprio prodotto o Brand. Abusare di questa tecnica in una singola categoria è la cosa peggiore che un uomo di marketing possa fare, da questo errore non è immune nessuno, nemmeno i Big Brand. Ripeto l’unica soluzione è affidarsi ad esperti e persone competenti del Brand Positioning.
Piccoli e grandi Brand, cadono sempre più frequentemente in questo errore, non a caso ho portato l’esempio di Ichnusa e del suo successo, nella categoria delle birre, qui puoi capire in un nanosecondo cosa si è creato.
Heineken, si proprio lei, quella brava nel marketing, che ha capito come riposizionare la birra sfruttando regionalità mettendo in leva la bandiera sarda, qualche anno fa ha replicato il Brand Flag in altri sub brand come nella Birra Messina, quella con i cristalli di sale, con un Brand Positioning e un Packaging Positioning eccellente e fin qui ancora tutto bene
Sull’onda di questa euforia hanno ideato le Regionali di Birra Moretti, in questo caso ritengo ci sia molto tatticismo e pochissima strategia.
Un altro esempio è l’ultimo esercizio che ha fatto la Peroni con il nuovo lancio di prodotto, sempre nello stesso segmento, con il sub-brand “Birra Capri”.
Questo penso sia l’ultimo colpo, l’ultimo tiro di corda di questa categoria, dopo di che, al prossimo lancio si strappa la fune definitivamente.
Personalmente la ritengo una mossa “furba” per andarsi a prendere il turista, lo straniero della Costiera Amalfitana, un target altospendente ed extra-luxury. Inoltre va ad arginare un pò l’operazione commerciale di Birra Messina e Ichnusa. Non di poco conto, Birra Capri cavalca lo struttural design di un’altra birra italiana del Gruppo Peroni posizionata come luxury nel mondo, paragonata all’acqua Sanpellegrino, sto parlando della bottiglia e dell’etichetta della Nastro Azzurro.
Nastro Azzurro, guarda caso, un altro Brand Flag dal nome azzeccatissimo, puoi trovare tutta la sua storia in questo articolo.
Ma come si dice, non c’è mai fine al peggio. In questa foto puoi vedere quello che sta succedendo in questa categoria e sinceramente la cosa mi spaventa.
Adesso finalmente hai capito cos’è un Brand Flag e con molta probabilità alcuni di voi diranno “Ma si dai, la conoscevo già, […] ” Ma se hai domande, se vuoi comprendere al meglio le potenzialità di un prodotto verso un Brand Naming che abbia le caratteristiche di un Brand Flag, i consigli che ti posso dare sono tre:
- Affidati a un vero esperto di Brand Positioning con casi studio concreti e di successo e che conosca questa strategia di marketing.
- Leggi il libro Nel Nome del Brand – Come creare Naming Strategici per prodotti che vendono in eterno. Con pochi euro ti aiuterà a comprendere tante cose sul posizionamento, sulla tecnica Brand Flag e a non prendere decisioni sbagliate.
- Contattaci senza nessun impegno economico, io e il mio staff saremo felici di conoscerti e di poterti spiegare nello specifico cos’è il Brand Positioning e la tecnica del Brand Flag.
Entra nel mondo del marketing nel 1996, nel 1999 ha fondato Ardigia Marketing Funzionale, nel 2013 fonda Packaging in Italy, l’agenzia di Pack dal Design italiano.