Si vocifera che non fosse esattamente la bevanda più salutare del mondo, ma il Billy era di certo il succo di frutta più amato dai bambini degli anni ’80, il primo a presentarsi nel brick con cannuccia.
Dei bambini sappiamo che non sono dei consumatori attenti all’aspetto salutistico, ma sono sicuramente attenti, rispetto a noi adulti, a una cosa che oggi, nell’era del web, è fondamentale, ovvero sono attenti più di chiunque altro alle novità. Non so tu, ma io non ho mai sentito un bambino chiedere alla mamma di comprare un determinato prodotto per la sua specifica qualità.
Il Billy, infatti, non ha costruito la sua fortuna veicolando il concetto di qualità (d’altronde non era neanche un vero e proprio succo di frutta, ma una bibita alla frutta, che è diverso). Sono state seguite altre strade, strade che l’hanno portato dritto nelle case degli italiani per parecchi anni. In questo articolo provo a ripercorrerle.
Il packaging innovativo
Negli anni ’80, Billy – distribuito da Fonti Levissima – rappresentava per il comparto succhi di frutta ciò che la Coca-Cola rappresentava (e continua a rappresentare) per quello delle bibite gassate: in pratica, Billy – prodotto nei gusti arancia, mela e pompelmo – era sinonimo di succo di frutta in brick.
Sarà stato un caso che Zuegg, negli stessi anni, abbia iniziato a produrre un succo d’arancia in brick il cui packaging ricordava non poco quello del Billy (anche la cannuccia aveva gli stessi colori, rosso e bianco; la cannuccia del Billy, però, si piegava).
A proposito di packaging, per il Billy si può parlare senz’altro di Packaging Positioning™, perché era:
- innovativo, in quanto rendeva il prodotto adatto a essere consumato ovunque (“Billy è dove sei” recitava un claim), grazie al pratico brick “tascabile” da 20 cl e alla cannuccia applicata a ogni confezione;
- riconoscibile a colpo d’occhio, per via della vivacità dei colori;
- ben mirato rispetto al target dei ragazzi: sul brick campeggiava un simpatico frutto paragonabile a un’odierna emoji sorridente.
Se sei un lettore di questo blog, sai già come la penso: la primissima forma di comunicazione del prodotto coincide con il suo packaging, e il caso Billy mi sembra un ottimo esempio di packaging comunicativo e di Packaging Positioning™.
Quali altre scelte hanno portato il Billy così in alto? Vediamole assieme.
Una comunicazione ben targettizzata
Come ti accennavo prima, per conquistare il target dei bambini c’è poco da far leva sulla qualità. Devi darti un po’ più da fare per guadagnarti il “Mamma, me lo compri?”.
Chi si è occupato della comunicazione del Billy ha giocato su concetti ben più vicini al mondo dei ragazzini: la novità, il brio, il divertimento. “Bevi nuovo, bevi Billy!”, “Allegria da bere!” erano alcuni slogan utilizzati. Se guardi questo spot dell’85 capisci subito qual era lo stile seguito e qual era il messaggio tra le righe: “Se bevi Billy, sei cool!”. Tant’è che anche la cintura PortaBilly (che si riceveva con una raccolta punti) era un must have!
Non mancavano, comunque, messaggi che strizzavano l’occhio ai genitori: “E pensare che non è gassato!” è la frase con cui lo speaker conclude quest’altro spot.
Tutto questo ha decretato il successo del Billy, che però è scomparso negli anni ’90 per motivi oggi non chiari. C’è chi dice contenesse sostanze non in linea con le normative UE, ma personalmente sono cose a cui non credo. In quegli anni tanti prodotti si sono dovuti allineare a normative nuove, e nessun prodotto ha avuto problemi di adeguamenti di ricette. Non sono riuscito a risalire a fonti autorevoli che evidenzino il vero motivo della scomparsa di questo bel prodotto.
Resta il fatto che, per noi che lavoriamo nel mondo della comunicazione, questo è un grande esempio di Packaging Positioning™, che ci conferma ancora una volta quanto la confezione innovativa influisca sulle vendite.
Entra nel mondo del marketing nel 1996, nel 1999 ha fondato Ardigia Marketing Funzionale, nel 2013 fonda Packaging in Italy, l’agenzia di Pack dal Design italiano.